La storia del primo dirigibile militare italiano, costruito a Bracciano
Posted 3 agosto 2015
on:Sembra impossibile ma poco più di un secolo fa l’Italia ed il mondo avevano ancora una “terra” da conquistare, un luogo da sempre o quasi ritenuto prima irraggiungibile e poi difficilmente “colonizzabile”: il cielo. L’interrogativo che caratterizzava i primi anni del 1900 era di fatto quale potesse essere il futuro dell’aviazione ed in particolare il suo utilizzo in campo militare.
Nel 1903 i fratelli Wright “inventarono” il primo aereo, in realtà una specie di aliante fatto volare fino 40 metri di altezza per una durata di circa 12 secondi a Kill Devil Hill presso Kitty Hawk in Carolina del Nord, negli Stati Uniti. Fu quello di fatto quello che viene considerato il primo volo della storia dell’uomo. Da allora i passi avanti fatti dall’aviazione, militare prima e civile poi, sono stati enormi, tanto che oggi vedere un aereo nel cielo non meraviglia più neanche i bambini.
Ma proprio nei primi anni del 1900 il dibattito era serrato: i dirigibili, che avevano definitivamente mandato in pensione le vecchie mongolfiere, potevano rappresentare il futuro dell’aviazione? La famiglia Zeppelin ne era convinta, avendo brevettato e prodotto i dirigibili rigidi, i veri antenati degli aerei.
Proprio nel passaggio tra il 1800 ed il 1900 questo dibattito diventò ancora più serrato, specialmente in ambiente militare: era possibile utilizzare il volo durante i conflitti militari? E se così fosse stato, quale sarebbe stato il mezzo migliore da usare? Il vecchio dirigibile, nato a metà del 1800, oppure il neonato aereo?
La prima risposta mondiale a questo interrogativo venne data nel 1908 in Italia, a nord di Roma ed in particolare sulle sponde del Lago di Bracciano, in località Vigna di Valle. Proprio in quell’anno, infatti, venne costruito il primo dirigibile militare italiano. La notizia finì sulle prime pagine di molte testate giornalistiche italiane ed internazionali: l’evento era sensazionale, di quelli che oggi rientrerebbero nella categoria Breaking news.
I lavori iniziarono nel 1903 quando Gaetano Arturo Crocco, dopo avere pubblicato il suo primo lavoro sulla stabilità dei mezzi aerei (pubblicazione fatta prima dello storico volo dei fratelli Wright), incontrò Maurizio Mario Moris, colui che da molti viene ritenuto il papà dell’aviazione italiana e che gli permise di ottenere concretamente i fondi per il suo progetto di costruzione di un dirigibile che fosse più agile e meno pesante di quello costruito in Germania dai fratelli Zeppelin.
Insieme al Capitano del Genio Ottavio Ricaldoni venne acquistato il terreno dove nel 1906 venne costruito l’hangar che doveva ospitare la costruzione del dirigibile fatta nel più assoluto segreto, motivo per cui si scelse proprio la località di Vigna di Valle, lontana da qualsiasi sospetto. Attorno all’hangar numerose capanne che ospitavano il personale ed i materiali necessari al completamento del progetto.
Dopo due anni di cantiere, il dirigibile, battezzato “N. 1”, fu finalmente completato e decollò il 3 ottobre 1908, pilotato da chi l’aveva progettato, per un volo brevissimo che non arrivò neanche a Bracciano ma che permise di valutare le operazioni di decollo ed atterraggio. Lo stesso Crocco scrisse “Fu un timido volo di una decina di chilometri; e fu piuttosto un battesimo dei suoi due piloti, capitani Crocco e Ricaldoni, inesperti ancora nelle vie dell’atmosfera”
Il dirigibile n.1, di tipologia semirigida, era lungo 63 metri e diametro massimo di 10 con un volume interno di circa 3000 metri cubi. La navicella era collegata con dei cavi ed il tutto era spinto da….il motore di un’automobile! Ebbene sì, era proprio il motore di un’auto a spingere il primo dirigibile militare italiano e la notizia incuriosì già all’epoca tanto che un giornalista de Il Messaggero chiese a Moris il perché di questa scelta e lui con una sincerità disarmante rispose “Per ora, non ne abbiamo altri”. Ma nonostante questo, il progetto era complesso e ricco di dettagli: per esempio l’involucro del dirigibile era di seta ricoperta da vernice all’alluminio per riflettere i raggi solari ed evitare di sottoporre l’idrogeno a pericolosi sbalzi termici.
Ma un dirigibile non è proprio un oggetto che può essere facilmente nascosto ed allora ad ogni prova di volo chi scrutava questo gigante fluttuare nel cielo ne rimaneva letteralmente sbalordito. Sono moltissime le cartoline dei paesi intorno al lago di Bracciano che ritraggono quello che sicuramente era vissuto come un evento straordinario, tanto da diventare “il biglietto da visita” di piccoli paesi che in quegli anni si sono sentiti almeno per un istante protagonisti di qualcosa di importante ed unico.
La rivista “l’illustrazione italiana” all’epoca scrisse “ Si è tesa intorno a Vigna di Valle una rete militare al di là della quale è impossibile ad ogni borghese gettare lo sguardo; la costruzione dei nostri dirigibili è circondata da imperscrutabili mistero e si è ingiunto a pochi uomini che lavorano nella solitudine in riva al lago di tenere acqua in bocca, sotto pena di punizioni severissime”.
Furono queste ed altre voci similari che spinsero le autorità a rompere la cortina di silenzio (ormai di fatto già infranta) e di dare ufficialità al progetto e a farlo in maniera eclatante, progettando un volo…su Roma.
Fu così che la mattina del 31 ottobre 1908, con a bordo Crocco, Ricaldoni e Contini, il dirigibile decollò dalle sponde meridionali del lago di Bracciano diretto a Roma. Tra andata e ritorno la distanza da percorrere era di circa 80 chilometri. Quando il dirigibile arrivò a Roma, ad un’altezza di circa 500 metri di quota, la popolazione lo accolse in maniera trionfalistica: applausi, grida, lanci di cappelli. Un vero e proprio evento. D’altronde quello era il primo mezzo aereo a solcare il cielo della Città Eterna!
Lo stesso Crocco, ricordando quel giorno disse: “Non potendo veder nulla, attaccato com’ero ai timoni, non osavo girare la testa, mentre Ricaldoni e Contini, attaccati al parapetto della navicella, si godevano lo spettacolo della folla in delirio che guardava in su”. E anche i giornali non furono da meno. Il Messaggero titolò: “Un’altra vittoria del genio italiano” ed un’altra testata giornalistica aggiunse: “Da Bracciano al Quirinale in 32 minuti”. Un vero e proprio successo che aprì la strada a nuovi “esperimenti” che portarono alla costruzione dei dirigibili 1 bis, 1 ter (che volò fino in Cirenaica) e poi ad una serie di perfezionamenti tecnici sulle vecchie “macchine”. Vigna di Valle fino alla fine degli anni ‘20 diventò di fatti il centro scientifico e sperimentale d’Italia, il luogo dove anche il Mondo volgeva lo sguardo. I passi avanti nella progettazione degli aerei, la tragedia del dirigibile Italia guidato da Umberto Nobile che si schiantò nel 1928 durante la missione di sorvolo del Polo Nord ed il diminuire degli investimenti economici, fecero però abbandonare definitivamente l’idea di costruire dirigibili sia per uso militare che civile.
La storia dell’aviazione infatti rispetto a quello che si poteva immaginare nei primi anni del 1900 ha seguito un’altra via, tanto che ora i dirigibili sono solo pezzi da museo e simboli di un passato che sembra davvero remoto. E’ bello però pensare ed immaginare che ci sono stati anni in cui il futuro era in costruzione proprio dietro casa. Ed è ancora più coinvolgente da un punto di vista emotivo vedere le immagini dell’epoca che ritraggono un mondo molto diverso da quello attuale, forse molto più semplice e meno interconnesso e tecnologico ma sicuramente ancora capace di meravigliarsi per quanto l’ingegno umano era in grado di costruire.
Sara Pulvirenti
6 Risposte a "La storia del primo dirigibile militare italiano, costruito a Bracciano"

E’ stato bello rivedere una panoramica ampia sui primi voli dei dirigibili italiani,soprattutto per chi, come me, è passato anche per la leggendaria Vigna di Valle,


Complimenti, articolo veramente interessante!
Armando

3 agosto 2015 a 16:24
Ah, tre l’altro, visti con questi occhi
4 agosto 2015 a 07:42
Allora ci nascondi la tua vera età! 🙂
2 settembre 2015 a 16:27
Eehh, però sono un arzillo vecchietto, eh